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LA RIVOLUZIONE UMANA. di SIMONA COLOMBARI

6 marzo 2014 2 commenti

Con l’uscita della rivista “Costruttivismi” si apre la strada alla possibilità di un confronto continuativo e interessante, un dibattito culturale. Ho pensato che, se da una parte la rivista ci offre e ci offrirà la possibilità di conoscere i lavori di molti colleghi, il blog potrebbe essere la sede in cui il dibattivo relativo ai lavori presentati potrebbe avere luogo. Non intendo dilungarmi su una recensione dei lavori dal momento che la rivista è disponibile on line gratuitamente (www.aippc.it/costruttivismi/). Ciò di cui oggi vorrei scrivere è dello splendido, a mio avviso, lavoro di Caril Miniati. Il suo articolo “L’importanza di chiamarsi mamma” mi ha colpita e commossa come non mi capitava da tempo. Non solo per il tema trattato: il lavoro che svolge l’autrice e la struttura nella quale lavora, Case Madri, è un ambito lavorativo delicato, di quelli che nella migliore delle ipotesi mettono costantemente in discussione il lavoro delle professioniste. Il contributo di Caril mostra quello che ci si augura avvenga in un professionista: un onesto e fruttuoso lavoro su di sé in una prospettiva professionale. L’autrice ci parla di come l’incontro con la Teoria dei Costrutti Personali di Kelly abbia favorito in lei una revisione del suo modo di lavorare,  lo scrive chiaramente quando afferma: “…è stato un cambiamento di prospettiva che mi ha coinvolta in modo significativo, e che ha favorito . […]dei modi diversi di fare esperienza in struttura”. Sembra che il percorso personale dell’autrice sia passato da una visione talvolta prelativa ad una proposizionale delle madri, delle relazioni con i loro figli, e della sua relazione con le madri.

Ci vuole coraggio ad abbandonare un sistema di costruzioni, ci vuole coraggio anche quando sentiamo che questo sistema non ci è piu utile per comprendere, lavorare, relazionarci con l’Altro. E’ il coraggio di una scelta che ci coinvolge, a mio avviso, totalmente ed è quello che ha fatto Caril, la quale scrive che è stato l’incontro con la PCP ad ampliare di significati le sue costruzioni. Credo che l’autrice non riconosca fino in fondo il suo ruolo nel favorire questo ampliamento, l’aspetto stupefacente è quell’effetto a cascata che un cambio di prospettiva di questa portata può avere nel proprio ambito lavorativo: la possibilità di guardare l’Altro con occhi diversi apre a sua volta la possibilità a chi è guardato di uscire da circoli viziosi.  Aprirsi e liberarsi mi sembrano le parole chiave di questo contributo.

Iscriversi ad una Scuola come le nostra non ci dà la certezza che riusciremo a portare avanti la prospettiva kellyana perche questo riguarda una scelta della persona. Sulle prime è un cambiamento che può lasciare spiazzati. Come dicevo, diversi aspetti del nostro sistema di costrutti possono andare incontro ad invalidazioni, ma è proprio grazie al coraggio di lasciare ciò che ci è conosciuto e ci rassicura che possiamo esplorare nuovi modi di comprendere ciò che accade nella relazione con l’Altro.

Grazie all’autrice che ci ha commosso e che è stata accanto a queste madri e ai loro bambini.

Simona Colombari

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